lunedì 27 settembre 2010

Haiti. Per non dimenticare, solidarietà a distanza di mesi dal tragico terremoto

I bambini di HaitiVolano di nuovo gli aquiloni dei bambini sopra i campi degli sfollati di Haiti. Aquiloni stracciati di plastica trasparente o nera come i sacchi dell’immondizia. Le bambine giocano allegre saltando a turno su una vecchia corda sfilacciata. Nei campi più organizzati, gestiti dalle grandi organizzazioni umanitarie, l’attività di animazione procede invece intensamente. I bimbi dipingono durante sessioni di arteterapia che svelano traumi o speranze. Cantano e danzano in gruppo, imparano esercizi di karate, lasciando esplodere tutta la gioia e la vitalità infantile con l’aiuto degli educatori haitiani. Ma gli occhi dei più piccoli esprimono ancora uno stupore assente, interdetto, provocato dallo choc del terremoto del 12 gennaio. Migliaia hanno subito amputazioni e sono rimasti feriti e traumatizzati. Secondo le stime del governo haitiano sono 5 milioni i bambini ad Haiti (su 10 milioni di abitanti), la metà non è registrata all’anagrafe. Solo 1 milione e 800.000 va a scuola. Almeno 380.000 sono “minori in abbandono”, ossia orfani di un genitore (non solo a causa del sisma), 50.000 di entrambi. E circa 300.000 sono soggetti al fenomeno del “reste-avec” (dal francese “resta-con”): schiavitù domestica.
Nel campo Sainte Marie, dove opera la Caritas distribuendo pasti caldi a 1.900 bambini, c’è un piccolo orfanotrofio con un centinaio di “minori in abbandono”, gestito da una filantropa dal nome simbolico, madame Bonheur, signora Felicità. I bambini dormono nelle tende, di giorno studiano e giocano. È uno dei tanti orfanotrofi informali che esistono da queste parti, oltre a quelli registrati presso il ministero. Dicono che i bambini sono destinati ad adozioni regolari in Francia e il sacerdote che si occupa del campo ne garantisce la serietà, ma in una realtà sociale così sconvolta dal terremoto i controlli sono difficilissimi. Tipicamente haitiano è il fenomeno dei “reste-avec”, vale a dire lo sfruttamento lavorativo o sessuale nelle famiglie. Sono 300.000 in tutta Haiti. “Molti vanno a finire in Francia e negli Usa con la scusa dell’adozione internazionale – dice Giovan Maria Ferrari, della Ong Terre des hommes, che sta ricostruendo due scuole gestite da congregazioni religiose –. Le famiglie, che hanno in media cinque figli, li vendono per avere meno bocche da sfamare. Purtroppo da queste parti è un fenomeno accettato culturalmente e difficile da arginare, senza anagrafe e senza controlli”.

Le scuole, in attesa della riapertura. A Les Salines e Cité Soleil, nelle scuole dei Salesiani completamente rase al suolo dal sisma, non si riesce ancora a sapere la cifra esatta degli alunni rimasti sotto le macerie. Si parla di 259 vittime in quattro strutture diverse. “La maggior parte erano educatrici e adulti, molti alunni sono morti in strada o in casa appena usciti da scuola. Sono stati sepolti nelle fosse comuni senza essere identificati”, racconta padre Olibrice Zucchi, salesiano dell’Enam, enorme struttura con scuole e formazione professionale per 4.600 studenti: “Lo sapremo il 6 aprile alla riapertura. Stiamo preparando delle baracche di legno da usare come aule, altrove metteremo delle tende, ma abbiamo grosse difficoltà. I progetti delle Ong, per la lentezza delle loro procedure interne, non saranno registrati dal ministero. Questo vuol dire che i ragazzi perderanno un anno di scuola”. Anche vicino alle scuole salesiane nella bidonville di Citè soleil, la più pericolosa e malfamata di Port-au-Prince, dove vive la maggior parte dei detenuti fuggiti dal carcere, il clima è pesante e la disperazione dovuta alla miseria è palpabile. Siccome non ci sono più tende molta gente è tornata a vivere in quel che resta delle case crollate. E dopo il sisma c’è molta più violenza di prima, ammettono i Salesiani.

(Fonte SIR-Servizio Informazione Religiosa)

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